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Storia di un “frutto” importante diventato una controfigura.

Racconti

Una volta i racemi erano un “frutto” importante per i viticultori di Primitivo di Manduria.

Per loro era ignota l’origine scientifica, tanto che si erano affidati ad una leggenda per darsene una spiegazione.

In realtà è fertilità: le gemme basali sono fruttifere.

Questa seconda fruttificazione che si formava sulle “femminelle”(tralci secondari della pianta) veniva a maturazione circa un mese dopo quella dei grappoli, richiedendo dunque una “seconda vendemmia”.

E ovviamente una seconda vinificazione!

I racemi erano più piccoli, tondeggianti, ma in alcune annate potevano essere persino più abbondanti dei grappoli principali vendemmiati ai primi di settembre, tant’è che il contadino soleva definire il primitivo “signurinu”, ossia un piccolo, compiuto e ordinato nobile.

Questo perché la pianta si regolava in un certo senso da sé e produceva una quantità sempre bilanciata tra le vendemmie dei grappoli prima e dei racemi dopo.

C’era un grande rispetto per i racemi e grande considerazione nella loro vinificazione che era comunque più facile: la maturazione ai primi di ottobre dava uve con minor grado zuccherino e acidità più spiccate.

Vini più eleganti, ottimi per tagliare i corposissimi vini dei grappoli e conferire finezza.

Invero, la versatilità di questi grappoli tardivi era sfruttata appieno soprattutto dalle varie famiglie che vinificavano in proprio nei palmenti o negli scantinati di casa, stoccando tutto nei famosi capasoni: infatti i racemi costituivano una vera e propria “seconda opportunità”. Se qualcosa andava storto durante la vendemmia principale dei grappoli (maltempo, colature, errori di vinificazione) le speranze ed aspettative si riponevano sulla vendemmia dei racemi.

Per questo c’era chi li vinificava come i grappoli stessi, portandoli ad un leggero o medio appassimento per ottenere gradazione alcolica e corposità; c’era invece chi li vinificava “alla fiorentina”, ossia lasciando pochissimo tempo il mosto sulle bucce ed ottenendo un vino di color tenute, stile “claret”, in genere il vino della provvista di casa per i mesi estivi; c’era anche chi surmaturava i racemi e poi li vinificava con la medesima tecnica, ottenendo un rosato passito, chicca per le occasioni speciali e le ricorrenze della famiglia.

Ad ogni modo, grappoli e racemi di primitivo, nell’accezione dei produttori di tutti i paesi intorno a Manduria (Sava, Maruggio, Avetrana, Torricella) erano considerati due dimensioni inscindibili della stessa pianta, tanto era diffusa la loro produzione e meticolosa la cura e attenzione per entrambe. Dalla istituzione della doc, nel 1974, le due vendemmie erano considerate naturalmente e  – a buon diritto – idonee alla produzione del Primitivo di Manduria doc.

Fino a quando nuovi consulenti, “esperti”, chiamati dal Consorzio di Tutela ad esprimersi sull’aggiornamento del disciplinare, non convinsero tutti i presidenti di cantine sociali (ossia, gli agricoltori a loro insaputa) a ripudiare questi graziosi grappoli e sulla scorta di presunta inferiorità qualitativa, ad estrometterli dalla produzione del Primitivo di Manduria doc.

Ciò avvenne solo 20 anni fa.

Da allora, è cominciata la solitudine dei racemi del primitivo.

Burocraticamente negletti e discriminati, ma pervicacemente ancora prodotti e vinificati da molti viticultori che ne conoscono le loro autentiche potenzialità e li utilizzano come segrete controfigure.

racemi
Etichetta ambientale
La solitudine dei racemi di primitivo
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accademia dei racemi
Nel 1997 Gregory Perrucci avvia il progetto Accademia dei Racemi, con lo scopo di individuare, sperimentare e portare sul mercato le varietà autoctone della Puglia.

Attraverso la collaborazione con viticultori di territori diversi della regione ed enologi con esperienze nelle vinificazioni di qualità, vengono “offerti” alla conoscenza di giornalisti e importatori le nuove produzioni da uve fino ad allora del tutto trascurate o sconosciute:

Ottavianello, Susumaniello (recuperato da Gregory con l’azienda Torre Guaceto), Fiano Minutolo (azienda Sammartino), oltre a nuove versioni di Negroamaro e Malvasia Nera (azienda Castel di Salve), Moscato Reale di Trani (azienda De Filippo), uva di Troia e Montepulciano (azienda Paolo Petrilli) e ovviamente la zonazione di Primitivo (terra rossa, bianca, nera e sabbia).

L’Accademia dei Racemi annovera tra le consulenze, oltre a Roberto Cipresso e Fabrizio Perrucci, Enzo Moiso, Luca Boaretti. Tuttora alcune aziende create dall’Accademia dei Racemi sono presenti con onore sul mercato.

Oltre a far parlare di sé per i propri vini, l’Accademia dei Racemi diventa un riferimento unico nel panorama regionale per la ricerca, lo studio, la sperimentazione dei vitigni autoctoni.

Per gli esami condotti sulle relazioni tra Primitivo e Zinfandel, la storia e le sperimentazioni, nonché la richiesta di aggiornamento dell’elenco dei sinonimi regolamentato dalla Unione Europea, Gregory Perrucci viene ammesso come unico “membro non americano” nella prestigiosa associazione californiana denominata Zap (Zinfandel Advocates and Producers).

Alcuni anni dopo, precisamente nel giugno 2002 dopo la decretazione scientifica dell’identità tra Zinfandel e Primitivo, nonché tra essi e il croato Crnjelak Kastelansky, è relatore al primo Convegno Internazionale sullo Zinfandel. Tiene una relazione sulle origini del primitivo e i suoi rapporti con lo Zagarese (scomparso) in una sessione congiunta con Doug Beckett (enologo californiano) e il mitico Miljenko Grgich, icona dell’enologia americana per avere prodotto due dei vini che nel concorso mondiale di Parigi del 1976 alla cieca sbaragliarono i vini francesi.